L’imposta sulle transazioni finanziarie, denominata Tobin
Tax nel tentativo di accreditarla scientificamente, sarà introdotta nel
prossimo anno e, secondo i più ottimisti osservatori, produrrà una riduzione
dei volumi scambiati sul mercato azionario e dei derivati nell'ordine del 30%.
Nel 1972 il premio Nobel James Tobin, in seguito alla
sospensione della convertibilità del dollaro in oro, propose l’introduzione di
una tassa su tutte le transazioni effettuate sui mercati valutari al fine di
stabilizzarli ed evitare, in tal modo, la speculazione di breve termine sulle
valute.
Pertanto non sembra appropriato utilizzare il nome “Tobin
Tax” per definire una tassa sulle transazioni finanziarie che ha l’unico
obiettivo, per niente scontato, di procurare gettito fiscale.
Esiste, infatti, un precedente che dovrebbe far riflettere.
Nel 1984 la Svezia introdusse un’imposta dello 0,5% sulle
transazioni che avevano ad oggetto azioni e stock options che, nel 1986, fu estesa alle obbligazioni ed aumentata
all’1%.
Le transazioni finanziarie crollarono, il mercato
finanziario svedese migrò verso la piazza londinese ed il gettito fiscale
previsto fu inferiore del 75% al previsto.
Questo provvedimento fiscale distrusse completamente il mercato
finanziario svedese per cui nel 1992 la Svezia fu costretta a cancellare questa
imposta ed il mercato interno ha impiegato 15 anni per tornare ai volumi del
1984.
Il provvedimento annunciato sconterà ulteriori elementi di
amplificazione del danno.
Le tecnologie attuali consentono di operare attraverso la rete in tempo
reale su tutti i mercati del mondo e pertanto è facile prevedere che la
migrazione delle transazioni verso mercati più liberi sarà più massiccia e
veloce.
Twitter: @Ugo_Malasomma